mercoledì 29 aprile 2009

martedì 28 aprile 2009

Sogni di Giovanni

 


Mentre aspettiamo che venga il bel tempo, Giovanni sogna l'estate e il modo per togliere il broncio al sole.
Alle nuvole, che sono la maggioranza, affida il compito di dare spettacolo, perchè il sole si decida a crescere e i bambini possano tornare a gioire.

domenica 26 aprile 2009

Ferite


Luca 24,35-48 -In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».

“Guardate le mie mani e i miei piedi, sono proprio io!”

Signore, oggi tu ci inviti a guardare le tue ferite, a riconoscerti attraverso i segni della tua passione, inequivocabili prove del tuo amore per noi.

Giovanni un giorno mi ha chiesto dov'eri, dove poterti trovare.

L'idea di mettere una sedia in più per te, quando la tavola è apparecchiata, per darti da mangiare, farsi da parte nel letto per poterti abbracciare, fu sua.

Aveva ben capito, prima di noi grandi,  che, per renderti visibile, doveva farti spazio.
Allora pensai che, attraverso le parole di un bimbo, mi stavi invitando ad accoglierti nella mia casa, mettendo a disposizione ogni stanza, anche la più riservata, per entrare in una più stretta comunione con te.

Anche Emanuele mi ha chiesto dove stavi, all'improvviso, senza che me l'aspettassi.

A lui non avevo avuto modo di parlargli di te, come è accaduto per Giovanni.
Troppo poche le opportunità per stare insieme, fino a quando ha avuto bisogno di chi lo prendesse in braccio, senza farlo cadere.

Ma non ho potuto fare a meno di usare le braccia, per stringerlo a me, quando sono stata chiamata a rispondergli.

Gli ho detto che tu eri in quell'abbraccio, nell'abbraccio di quanti si prendono cura di lui.

Che tutte le volte che gioca con il suo fratellino, senza fargli i dispetti, tu sei lì presente in mezzo a loro.

Oggi, pensando a Giovanni ed Emanuele, mi chiedo se sono riuscita a farti spazio, se ho aperto le braccia per farti entrare nel mio cuore, se al tuo abbraccio ho risposto con un altro abbraccio.

L'unico modo per mettere in contatto le ferite: le tue e le mie.

Guardami, Signore.
Portami a riconoscere le mie ferite, a vedere ciò che non vedo.

Solo se tu ci metti il dito, potrò guarire.